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"Through Other Eyes" Intervista all'artista Daniele Zoico

Francesca Calzà 


Scopri i talenti di T.O.E. Art Market attraverso una serie di interviste esclusive con gli artisti presenti sulla nostra piattaforma. 


Esploriamo insieme le pratiche e le ricerche artistiche portate avanti dagli autori che arricchiscono la nostra comunità con le loro opere uniche. Ogni settimana, vi invitiamo a conoscere meglio le sfide, i linguaggi, i temi e le storie che si celano dietro i loro lavori per entrare a contatto con le menti creative che fanno di T.O.E. Art Market una vetrina vivace e dinamica. 


Siamo qui in compagnia di Daniele Zoico. Iniziamo subito con qualche domanda per conoscerlo meglio!


Francesca Calzà - Puoi raccontarci un po’ del tuo percorso artistico? Come ti sei avvicinato all’arte? 


Daniele Zoico - Mi sono formato allo IUAV di Venezia conseguendo una Laurea Magistrale in Progettazione e Produzione delle Arti Visive. Tuttavia, ho sempre avuto in casa riferimenti legati alla fotografia e alla cinematografia, grazie al lavoro di mio padre. Tutto è avvenuto per me in maniera naturale; oggi il mio lavoro ruota soprattutto intorno alla fotografia analogica e alla videografia. 


Francesca Calzà - Quali sono stati gli incontri, i riferimenti culturali o i momenti che hanno avuto un forte impatto nello sviluppo della tua ricerca?


Daniele Zoico - Durante il mio percorso universitario ho avuto molta fortuna ed ho incontrato quelli che sono stati i miei punti di riferimento, penso soprattutto ad Alberto Garutti, a Lawrence Carroll e a Maja Bajevic: tre immensi artisti che hanno saputo essere anche dei grandi maestri. Da studente ho avuto modo di incontrare anche quello che sarebbe diventato il mio mentore per quanto riguarda la fotografia in tutte le sue forme: Luca Vascon. Mentre, tra i miei compagni di corso, non posso non menzionare Riccardo Giacconi, Mario Ciaramitaro e Giulia Marzin; abbiamo fondato il collettivo "Blauer Hase" e lavorato insieme per moltissimi anni, sia all’interno del collettivo sia collaborando individualmente.

Inoltre, per alcuni anni ho lavorato al fianco di Diego Tonus in un percorso legato all’insegnamento ed è stato estremamente importante per me, grazie alla sua pratica e al costante confronto.

Daniele Zoico, "In the Middle of the Labyrinth (a thread of a voice)", 2023, 6x6 cm
Daniele Zoico, "In the Middle of the Labyrinth (a thread of a voice)", 2023, 6x6 cm

Francesca Calzà - Esistono delle costanti nel tuo lavoro? Cosa ti spinge a indagare questi argomenti?


Daniele Zoico - Sono ossessionato dal passare del tempo, dalla memoria e da come elaboriamo i ricordi e le nostre esperienze. Spesso nei miei lavori vengono messi in discussione concetti come originale e copia, digitale e analogico. Penso che fare arte sia una questione di redenzione ed espiazione.


Francesca Calzà - Come influiscono le tue radici culturali e le tue esperienze personali sulla tua pratica artistica? Puoi fornirci qualche esempio?


Daniele Zoico - “Abbracciare il vuoto” come suggeriva Rachel Whiteread, è un pensiero potente. L’idea stessa del vuoto è un concetto che attraversa molte culture, ma dare forma a quel vuoto, attraverso una pratica o un’opera, è un pensiero che coltivo da molti anni.

Daniele Zoico, "In the Middle of the Labyrinth", 2019 - ongoing, 17x17 cm
Daniele Zoico, "In the Middle of the Labyrinth", 2019 - ongoing, 17x17 cm

Francesca Calzà - Puoi condividere con noi qualche particolare del tuo processo creativo?


Daniele Zoico - Tutto inizia con una fascinazione che diventa ossessiva e che porta a una ricerca su più fronti, sulla tecnica, sui materiali, sulla storia, sull’iconografia. Questa fase può durare diversi mesi o anni, raggiungere un punto con la produzione di un’opera e poi continuare: penso non sia sempre obbligatorio arrivare ad un’opera, perché la ricerca comunque continua e si trasforma.  

 

Francesca Calzà - Come nasce un’opera, parti sempre da un’idea predefinita?


Daniele Zoico - L’opera nasce da un pensiero seguito da un fare. Spesso il fare entra in dialogo con il pensiero, pur mantenendo separate le due fasi, e lì trova spazio l’esperienza che potrebbe portare in maniera "serendipica" a un nuovo fare o a nuove idee. 

Trovo interessante portare all’estremo una tecnica, andando verso un apparente esaurimento della stessa, per poi declinarla ulteriormente e generare nuovo senso, penso soprattutto ai mezzi con cui lavoro maggiormente: la fotografia, il video e la scultura. 




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